L’irresistibile fascino del cibo proibito: per qualunque ragione sia vietato consumarlo, si assiste ad una ricerca spasmodica del prodotto da parte degli amanti del genere, per poi organizzare riunioni carbonare dove mangiarlo, con l’intima soddisfazione di compiere un gesto ribelle, anche se questo mette a rischio la propria vita.
Esempi ce ne sono molti, alcuni definitivamente tramontati: è il caso dei datteri di mare, popolari negli anni Novanta, quando arrivavano di contrabbando dall’ex Jugoslavi: Bello osservare ed assistere alla trattativa nei ristoranti di pesce, con frasi in codice tra patron e cliente abituale, che tranquillizzavano sull’arrivo della merce, la quale veniva poi servita in salette riservate o fatta scivolare nel piatto camuffata a dovere. Stessa cosa capitava con le cèe, le anguille neonate preparate con olio o burro aromatizzati alla salvia, ma la maggior parte del cibo vietato è costituito dalle carni: a partire dal riccio, ancora oggi cacciato di frodo e mangiato in orari notturni in case sicure. Un vero mito è diventato invece il Casu Marzu sardo, vietato per la presenza dei vermi nella preparazione, non esattamente un esempio di igienicità applicata alla lavorazione alimentare
Meno comune l’idea che il divieto avvenga per specialità vegetali, anche se i funghi sono l’esempio più lampante di come si possa giocare alla roulette russa della propria vita per mangiare qualcosa che non è nemmeno indimenticabile da un punto di vista gustativo, almeno per quello che testimoniano i superstiti dello scampato pericolo. Ma della vitalba, della quale è possibile trovare ricette nei ricettari del passato ma anche in tanti siti web, sotto forma di frittata con le punte di vitalba o zuppa, non si parla spesso.
Appartiene al cibo non commerciabile, quelle famose erbe spontanee che rappresentano la nuova frontiera degli chef emergenti. Quando si diffonde in un bosco, va a distruggere la parte arborea e quindi la sua diffusione indica uno stato di degrado notevole di un luogo. Per chi la vuole mangiare, deve tener conto che contiene sostanze velenose non mortali, che si annidano soprattutto nella parte più vecchia. Chi la vuole mangiare lo deve fare ora, in primavera, essendo i germogli meno ricchi di sostanze dannose.
Conviene farlo? Bah, per togliersi uno sfizio, ma non rappresenta certo un alimento per il quale fare follie. A parte i giovani che se la fumavano al posto delle sigarette…
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