Tonno in scatola, mito gastronomico o spazzatura?

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Dopo che il tonno fresco è diventato uno degli alimenti obbligatori sulle tavole “trendy”, scusatemi il termine, la domanda che sorge spontanea al buongustaio di vecchia tradizione è_ che fine farà il tonno in scatola?

tonno in scatolaFacciamo un passo indietro, riavvolgiamo il nastro e proviamo a pensare cosa ha rappresentato il tonno negli anni dal dopoguerra. Il cibo della dispensa, nell’immaginario del goloso nostalgico, la fotografia era quella della bottega di alimentari con la grossa scatola aperta e il tonno venduto a peso, tolto dalla latta e messo su carta oleata. Poi da lì iniziava la trasformazione. Cipolle, porri, fagioli, ceci, un piatto unico del periodo invernale e poi, in primavera ed in estate, i pomodori, ed altre verdure a completare fresche insalate. Ha avuto utilizzi impropri, come quello nella panzanella, l’inutile accenno vitale di un’insalata di riso apatica e dannosa, la freschezza vitale dei pomodori ripieni con la maionese ed i sottaceti. E poi l’unione con la carne, il connubio perfetto anche se quasi immorale, il vitello tonnato nella versione antica, con il tonno che cuoce insieme alla carne, sia in quella moderna, frullato con cetriolini, capperi e maionese. E poi i i bambini che nel pesce finto trovano divertimento e godimento con il tonno che si unisce alle patate.

tonno in scatolaPuò diventare l’esaltazione del tramezzino nella versione frullata, comparire addirittura come ripieno di pasta fresca modello ravioli, fare l’antipatico protagonista del sugo di pasta fresca. Ma rimane consolatorio, sicuro, solido e potente. E soprattutto il senza olio che senso ha?Al  naturale? Mah!

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Circa l'autore

Leonardo Romanelli (Firenze, 14 novembre 1963) è un giornalista, sommelier, gastronomo, autore e conduttore radiotelevisivo italiano.

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