Inizia da questo articolo la collaborazione con Mariella De Francesco, sommelier, esperta, curiosa, insolita degustatrice, insomma un modo nuovo per discorrere scrivere e parlare di vino
Tu chiamale se vuoi, emozioni…cosi intonava la voce fioca e inconfondibile di Lucio Battisti, riferendosi a spericolate corse notturne in macchina, rischiando la pelle per scrollarsi di dosso il fardello doloroso di un amore ormai alla canna del gas. Non è mai stato il mio cantautore preferito, ma questa è la musica e queste le parole che subito mi sono venute in mente davanti alla fila di sei calici a PRIMANTEPRIMA 2021, la prima, agognata maratona di degustazioni dopo la lunghissima pausa durata 14 mesi.
INTERNO GIORNO – AZIONE, CON LA MIA MACCHINA DA PRESA VIRTUALE
Giocando con i termini del linguaggio cinematografico, la premessa appena terminata è la soggettiva che apre questo piccolo racconto/film a tema enoico, vale a dire quella modalità di ripresa che si immedesima con lo sguardo del personaggio sullo schermo, in modo da favorire l’identificazione dello spettatore col suddetto personaggio (o almeno queste sono le intenzioni di regia…).
Dopo la soggettiva, che ha mischiato realtà e stati d’animo, è necessario passare al dolly, quindi con la macchina da presa che, installata su una specie di gru, dall’alto abbraccia il dato reale nella sua interezza, così da entrare nella concretezza dei nudi fatti:
Misurazione della temperatura, tampone rapido all’ingresso, disinfezione delle mani, arrivo alla postazione singola, ben distanziata dalle altre; qui trovo la sommelier che si occuperà dei miei desiderata di assaggio, alla quale comunicare i codici dei vini che via via sceglierò. Organizzazione fluida ed efficiente, fila tutto liscio fino alla fine.
Primo evento della serie di anteprime dei singoli consorzi toscani, questa kermesse collettiva ha ospitato dodici consorzi, distribuiti su quasi tutto il territorio regionale, tra aree già forti di un blasone consolidato ed altre meno conosciute ma estremamente promettenti, a dimostrazione che Toscana significa vino, dalla testa ai piedi.
E il rilancio del comparto vitivinicolo punta giustamente sul territorio regionale nel suo insieme, con una visione sempre più mirata verso la compatibilità ambientale, la qualità del prodotto e la chiarezza verso il consumatore, l’etica nei confronti dei lavoratori del settore, indirizzo sostenuto anche dalle istituzioni locali.
Queste le DOCG, DOC e IGT protagoniste della giornata, con 400 produttori e 170 vini in assaggio: Chianti Rufina, Carmignano, Cortona, Candia dei Colli Apuani, Colline Lucchesi, Bianco di Pitigliano e Sovana, Maremma Toscana, Montecucco, Orcia, Terre di Pisa, Val di Cornia e Suvereto, Valdarno di Sopra.
Il dolly scende lentamente verso il mio tavolo, come se la macchina da presa fosse una gabbia toracica che si solleva e poi si abbassa nell’atto di respirare: non è farina del mio sacco, ma una metafora bellissima di Bernardo Bertolucci.
Per non perdere attenzione e lucidità sensoriale, non essendo una degustatrice di lungo corso, ho deciso di concentrare il mio personale excursus su due focus a tema vitigno: il Vermentino e il Ciliegiolo. Anche se le divagazioni naturalmente ci sono state, ma calibrate.
Che bella cosa ‘na jurnata ‘e sole…altro accenno di colonna sonora, che si contamina di tutt’altra epoca e stile, ma anche questa si attaglia perfettamente al mio sentire davanti ai primi sei vermentino portati dalla gentile sommelier sul mio tavolo-banco di scuola. Sono davanti alla vetrata del Salone delle Nazioni e i calici sono attraversati dai raggi di un sole timido e traditore, che presto si eclisserà per far posto a un diluvio novembrino.
Menziono i vini che mi sono piaciuti di più, pur constatando una qualità media decisamente alta.
NEL VIVO DELLE RIPRESE 1 – IL VERMENTINO TOSCANO DA NORD A SUD
Si comincia dalla Toscana settentrionale, con la DOC Candia dei Colli Apuani.
Silene Vermentino 2019, Incandio Bio Società Agricola: finezza di profumi, apre con una nota cremosa di banana, seguita da fiori bianchi, erbe aromatiche, mela golden; il sorso è pieno, bilanciato da bella freschezza e decisa sapidità, aromi di bocca coerenti con il naso, con un plus di agrumi, persistente la chiusura.
Reale Vermentino 2020, Tenuta Lodolina: Ancora eleganza, ma maggiore qui il richiamo alle erbe aromatiche, ai fiori di campo, si ritrovano la mela gialla e gli agrumi, la sapidità, ma una freschezza più decisa.
Della variante a bacca nera, autoctona apuana, ho assaggiato il Riflesso Nero Vermentino nero 2019, Azienda L’Aurora di Francesco: belli e intensi i profumi di amarena, mora, mentuccia, rosa rossa; la bocca ha un che di scontroso, con un tannino un po’ ruvido, ma il contrasto rende la beva non banale.
Delle Terre di Pisa ho molto apprezzato il Felciaio IGT Vermentino di Badia di Morrona: note di maggiorana, tiglio, agrumi, sorso morbido e fresco, accenno sapido e finale piacevolmente ammandorlato.
Scendendo lungo la costa, nel territorio della Val di Cornia e Suvereto, ho assaggiato Elice IGT Costa Toscana 2018 di La Fralluca: una riserva di Vermentino in cui emergono finezza e complessità; la persistente scia di mineralità gessosa dei terreni calcarei si accompagna ai profumi della macchia mediterranea, a sapidità integrata e finale di mandorla amara.
E infine il sud della Toscana, con il Maremma DOC Vermentino Bio Calasole 2020 di Rocca di Montemassi: qui il ventaglio olfattivo si apre sui frutti tropicali freschi e lo spessore alcolico di questa zona trova un bel contrappunto nel gusto freschissimo e sapido.
La mineralità: sarà un termine abusato, ma personalmente trovo che per ora ci sia solo questo a rendere in una parola l’idea di sasso, di gesso, di iodio, quindi lo uso senza remora alcuna. La freschezza vivace che si ritrovanei vari territori, con differenze più accentuate nella presenza alcolica, nella sapidità e nel timbro più o meno caldo dei richiami floreali e fruttati, a seconda della latitudine e della prossimità alla costa.
NEL VIVO DELLE RIPRESE 2 – IL CILIEGIOLO
Il viaggio di approfondimento del Ciliegiolo si snoda tutto in Maremma. Un vitigno che nell’espressività del frutto, nella morbidezza e nella gradevolezza di beva trova la sua declinazione migliore. Ancor più quando emerge un discreto rimando speziato.
Il Ciliegiolo Neltufo 2020 della Cantina di Pitigliano è vivace nel porpora brillante, nella freschezza della frutta rossa, nell’irruenza del sorso. Vino di beva spontanea e gradevole.
Più pacato lo Spineto Ciliegiolo 2019 di Erik Banti: l’anno in più sulle spalle è già percepibile nel palato meno scalpitante, restano come denominatore comune le piacevoli note di frutti rossi e di ciliegia in particolare.
Proseguo con l’azienda Valdonica e il suo Ciliegiolo Bio 2018: maggior equilibrio complessivo, permane la dominante del frutto, con in più una leggera presenza boisé, unita ad una bella avvolgenza di bocca.
Infine il Ciliegiolo 2016 di Sassotondo : il naso più articolato dei quattro; oltre alla consueta ciliegia, susine nere, more e sbuffi balsamici, sorso completo e appagante con finale speziato.
VICINI ALL’ULTIMO CIAK: LE DIVAGAZIONI
Il fuori rotta si è diretto in primis su tre antichi vitigni autoctoni: gli IGT Barsaglina, Pugnitello e Foglia Tonda, recuperati in un vitigno sperimentale da Mannucci Droandi, azienda biologica di lunga data del Valdarno Superiore. Tutti della stessa vendemmia, la 2016: Barsaglina è un vino goloso, di frutti scuri croccanti, morbido e avvolgente; Pugnitello e Foglia Tonda, nei quali le note terziarie sono più evidenti, esibiscono una struttura ed un tenore alcolico più pronunciati, con trama tannica ben presente, specie nel Pugnitello. Foglia Tonda esprime spezie e fiori in maniera più diretta.
IL SALUTO ALLA TROUPE E L’ARRIVEDERCI AL PROSSIMO SET
Ho concluso in bellezza divagando in parte su delle certezze, come le Syrah cortonesi di Stefano Amerighi e di Fabrizio Dionisio e in parte con la scoperta delle grandi interpretazioni di Sangiovese di Podere Forte, di Castiglione d’Orcia.
Proprio alla fine, gustando ogni goccia del vino senza dovermene “disfare”, ecco la gioia del Vin Santo Riserva 2013 di Tenuta di Capezzana, in quella Carmignano dove da secoli si fa una parte importante della storia del vino toscano.
Si chiude così una giornata intensa, emozionante per il carico del vissuto recente che si portava dietro, arcinoto a tutti.Si apre invece qualcosa, si vede un po’ di luce, anche se fuori diluvia…ma il mio taxi arriva subito e trovo che sia un bel segnale.
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