E’ enigmatica, affascinante e vive da più di mille anni. Bionda e brillante, cavalca il primato dei vini bianchi toscani per l’unicità di espressione. E’ la vernaccia di San Gimignano, la signora in giallo dalla buccia assai fragile, neutra per aromaticità e, una volta vinificata, non smette mai di sorprendere. Dotata di fascino inossidabile, è la protagonista principale de Il Colombaio di Santa Chiara, azienda commercialmente attiva sul territorio di San Gimignano dal 2002.
La vernaccia è un cardine, insieme al sangiovese, di una cultura enoica toscana nel territorio di San Gimignano; un terreno pliocenico fatto di argille, sabbie, fossili e talvolta di calcare. Del mare che un tempo bagnò queste terre, ne rimane lo scalpo sui vini, sempre iodati e sapidi, talvolta ribelli e talvolta disciplinati, comunque degni di nota in ogni caso.
Il Colombaio di Santa Chiara si trova in località San Donato, una frazione di San Gimignano, un piccolo borgo non più abitato, di cui i fantastici fratelli Logi – Alessio, Stefano e Giampiero – hanno fatto uno splendido luogo di accoglienza. Una locanda con camere lussuose ed una sala ristorante in un corpo di fabbrica attaccato alla Pieve romanica – nella quale è possibile celebrare funzioni religiose -, una sala degustazione ed un wine shop collocati in un una struttura adiacente, intervallati da terrazze panoramiche dalle quali si ammirano le splendide colline circostanti. Ogni angolo è stato ristrutturato in conformità all’architettura dell’epoca, risalente al periodo alto medievale. Gli affacci delle sei camere danno sulle colline, ogni angolo è un piccolo paradiso per rilassarsi ed ascoltare il silenzio della natura.
I fratelli Logi sono cresciuti su queste terre: il padre, Mario Logi, é tutt’oggi una figura indispensabile con occhio sempre attento alla produzione dei vini. I terreni della famiglia Logi oggi hanno raggiunto i 22 ettari tra vigna e boschi, senza contare le 3000 piante di olivi per la produzione di olio EVO (“perché in tavola l’olio non deve mai mancare!”, dicono i fratelli Logi). I terreni sono prevalentemente impiantati a vernaccia, seguono il sangiovese, il cabernet franc ed il merlot.
La cena, curata dallo Chef Gaetano Trovato del ristorante Arnolfo di Colle Val d’Elsa, ha regalato sfavillanti colori tra la vista dei piatti e le nuances dei vini dell’azienda, intersecandosi amorevolmente in sapori unici, omogenei e senza alcuna sbavatura.
Appetitosi una serie di deliziosi amuse-buche a base di cruditée sia di pesce che di carne, una versatile alternanza di sapori che sposa alla perfezione il vino ancestrale da uve vernaccia del Colombaio di Santa Chiara – in uscita sul mercato a breve-.
Il piatto di entrata è composto da un gambero rosso poggiato su crema di cavolfiore e cavolfiore croccante accompagnato dall’anteprima del Selvabianca 2022, ventesima vendemmia dell’azienda. Una scalpitante e fresca Vernaccia, dal gusto fruttato e citrino. Selvabianca è il primo vigneto di casa Logi le cui piante affondano radici su terreni pliocenici prevalentemente sabbiosi e ricchi di fossili. Le uve vengono raccolte manualmente ed i vini sono tutti prodotti a regime biologico.La fermentazione delle uve avviene in tini di cemento e in acciaio per 7 mesi.
Ed è una piacevole teatralità che si sussegue con i piatti di Gaetano Trovato ed il suo staff, dove la seconda portata è un rombo che si presenta come un carrè di vitella: le carni, precedentemente cotte al vapore, vengono passate in una panatura croccante, appoggiate su topinambur in crema ed arancia a fianco.
Ed è Campo della Pieve 2021, vino che prende il nome del vigneto situato proprio sotto la Pieve. Il sorso non è scosceso ma dritto e deciso, rilascia note di frutti gialli ed è suggestivo il sorso sapido e corposo.
La pasta ripiena ha la forma di una piramide, ruvida e gustosa, ripiena di cinta senese con cime di rapa e zafferano, porta alla tradizione toscana; un piatto da provare almeno una volta nella vita.
Il leggendario piccione con rapa rossa e melagrana è un dogma, così come il Bacicolo 2020, il cabernet franc in purezza del Colombaio di Santa Chiara, dalla ricchezza di profumi fuori dal comune.
Il morso tenerissimo del piccione cotto al sangue si è accompagnato al vino suscitando rare emozioni difficilmente ritrovabili.
Un bel ricordo emozionale anche per la verticale del Selvabianca, partendo dalla 2007: il colore è ambrato – annata in cui ancora avvenivano le macerazioni sulle bucce -; mostra i segni del tempo ma si fa ancora ben volere. La 2013 mantiene brillantezza e manifesta una giovinezza inattesa, giocando assieme alla 2014 su morbidezze alternate ad una gustosa sapidità.
La 2018 ha convinto di più per eleganza e lunghezza di frutto, così come la 2020, con i leggiadri profumi e l’intensità palatale. Nel complesso ogni assaggio ha fatto capire la filosofia della famiglia Logi, attenta all’immagine delle etichette sì, ma intenta a produrre una vernaccia che si possa ricordare per eleganza e scorrevolezza, soprattutto per Selvabianca, vino iconico dell’azienda propenso a farsi apprezzare da ogni tipo di pubblico.