Faccio subito ammenda: non ero mai stata a Dievole.
Suona brutto lo so non aver visitato prima d’ora una delle realtà più antiche del Chianti Classico, tant’è. Quindi potete immaginare l’impressione davanti a un tale intreccio di bellezza storica e di paesaggio, perché Dievole è davvero un posto incantevole, uno di quei luoghi in cui la Toscana ti si pianta nel cuore.
La tenuta conta circa 600 ettari di cui 150 a vigneto; il resto sono boschi e olivete, c’è la villa padronale risalente al 1700, il borgo medievale, la chiesetta, insomma ha tutti gli attributi del posto fiabesco toscano.
Non a caso Dievole significa “Dio Vuole” e compare per la prima volta in un documento ufficiale datato 1090, che riporta il pagamento in baratto, due capponi, tre pani e sei soldi di buon argento per l’affitto annuale di una vigna a “Diulele” nella valle divina: Dievole, appunto.
La tenuta è di proprietà della famiglia Bulgheroni dal 2012, che in questi anni ha iniziato un opera di ripristino dei vitigni autoctoni nei vigneti esistenti e nei nuovi impianti, e in cantina via tutto l’acciaio a favore di Tulipe in cemento grezzo e botti grandi, in perfetto stile classico chiantigiano.
E’ in atto anche un’importante opera di zonazione che ha portato all’identificazione di aree fortemente vocate, in cui il sangiovese esprime una identità super caratteristica, da cui hanno origine i vari cru aziendali. Con le loro differenze e peculiarità, i vini di Dievole stanno seguendo una linea precisa, verso la finezza e l’esaltazione dei tratti caratteristici delle varie zone. Vini che combinano profondità e beva, molto meno stilistici e decisamente territoriali. E con quel territorio partono già avvantaggiati!
Chianti Classico Tocca Stelle 2018: solo sangiovese da un vigneto di oltre 40 anni, con buona presenza di argilla e calcare, pietroso, con vene di calcare e marne. Profondo nel sorso, scuro di amarena e fresco di alloro, sorso di bella progressione con un tannino scattante e un bel finale roccioso.
Chianti Classico Petrignano 2019: l’annata di nascita. Solo sangiovese dal vigneto Petrignano, a forte pendenza, circondato dal bosco. Come si intuisce dal nome, poggia su un suolo pietroso dove si trovano affioramenti di rocce calcaree tipiche della Formazione Geologica del Monte Morello. Croccantezza del frutto, dinamico e energetico al sorso che qui si assottiglia, evocando anche note sanguigne ed un gradevole finale piccantino di pepe nero.
Chianti Classico Gran Selezione Vigna di Sessina 2016: qui ci troviamo invece su suoli caratterizzati dalla Formazione del Macigno del Chianti, in uno dei vigneti aziendali più alti. Una Gran Selezione giocata sulla finezza, il sorso cesellato e scandito da lavanda, violetta e la riconoscibilità legata alla ciliegia e all’alloro. A incuriosire una raffinata caramellina inglese. Tracce minerali in chiusura
Campinovi: le alte vette del trebbiano
Seppur piantato nei terreni più bassi, il trebbiano tocca le più alte vette! I terreni dedicati sono quelli vicino al fiume Arbia: zone più in ombra e umide, dove il trebbiano trova un ambiente adatto per la sua maturazione tardiva. Terreno a prevalenza limo-sabbiosa e ricco di ciottoli di fiume ospita un trebbiano allevato a guyot su portainnesto a radice non fittonante, poichè qui il terreno è generalmente umido per la vicinanza del fiume. Il progetto pone l’attenzione sul trebbiano maturato in legno, una prospettiva diversa da quella usuale applicata a questo vitigno, con risultati davvero interessanti. Una miniverticale dedicata: 2017, 2019 e 2020 in anteprima, evidenzia l’intuizione appropriata e calzante nell’uso del legno e, non nuovo, il potenziale evolutivo del trebbiano.
Prodotto solo in 10.000 bottiglie è un vero gioiellino della produzione aziendale, ovviamente a vocazione rossista in piena UGA Vagliagli. Qui il trebbiano si smarca definitivamente dal vecchio concetto di vino rustico e severo, e diventa seducente e preciso.
Se nel Campinovi 2017, complice l’annata, il sorso è più grasso e maturo, con evidenti dolcezze speziate, il Campinovi 2019 è agrumato, fresco, con note di miele, vibrante nel sorso. Un cenno di noce moscata impreziosisce naso e retrobocca e un finale solido e riconoscibile rassicura con una vena di mandorla. Un vino goloso, la vera sorpresa di questa visita
Campinovi 2020: da quest’anno cambiano i legni impiegati nella maturazione; non più solo rovere, ma anche acacia e castagno. Annata non ancora in commercio, rivela già le sue doti seppur in versione giovanile appena aggressive. Acidità spinta e consistenza, anche un lieve tannino, il naso si fa piccante di pepe bianco e senape, articolato con sbuffi di acacia e pesca bianca.
Credits: Dievole