Osservando il clamore suscitato dal video di Benedetta Rossi contro chi attacca il suo lavoro , e da tutto il can can mediatico che si è sviluppato attorno ad esso , mi è venuto in mente di come questo episodio dovrebbe diventare l’argomento di una lezione per chi deve insegnare comunicazione. Che sia buona o cattiva sta poi a chi legge o vede il video decidere, ma analizzarlo ora quando il caso si è un po’ spento, serve a guardare con distacco, senza partecipare come tifosi alla disputa, cercando invece di ragionare.
Il caso nasce da un articolo sul portale Dissapore uscito oramai un mese fa: si tratta di uno dei siti che tratta di gastronomia in maniera precisa, con sguardo attento all’attualità, dove si trovano recensioni, di locali, ricette, consigli e tanti fatti di cronaca gastronomica. In questo caso si va ad analizzare il lavoro di una delle blogger più seguite sul web: oltre 8 milioni di follower sono un numero enorme, Benedetta Rossi è a tutti gli effetti un personaggio pubblico e quindi analizzare il suo lavoro fa parte dei compiti di chi si occupa di comunicazione gastronomica. Il titolo “Le dieci peggiori ricette di Fatto in casa da Benedetta”: una disamina di alcuni dei piatti proposti nel sito, dove vengono evidenziati errori tecnici ed eccessi nell’impiego di grassi e zuccheri, o di lievito quando non occorre. Il linguaggio utilizzato è ironico, si può essere d’accordo o meno, ma niente lascia pensare ad un attacco virulento al personaggio e a chi la segue. Tempo fa avevo risposto anche io ad uno sbaglio grossolano del sito, eseguito nella preparazione del panino con il lampredotto: me lo aveva segnalato Matteo Pucci, direttore del Gazzettino del Chianti, con questo articolo: era evidente come l’argomento fosse trattato con superficialità, trattando di una specialità tipica di un luogo, ma quello utilizzato non era lampredotto, non era il panino impiegato solitamente nella preparazione, si condiva in maniera assurda. Questo l’articolo , tuttora presente nel sito, La mia risposta fu questo video
Si tratta, insomma di riflessioni e critiche che dovrebbero essere accolte, considerando che veicolare una notizia sbagliata produce danni quando si ha un seguito così numeroso alla quale sarebbe possibile rispondere allo stesso modo, ammettendo l’errore e rimediando ed invece il colpo di genio.
La risposta viene affidata ad un video nel quale si risponde alle accuse spostando il tiro dell’attenzione su temi popolari ( o populisti?): i gastro snob stanno inquinando il mondo, chi non riesce ad arrivare a fine mese deve utilizzare prodotti industriali di bassa qualità, i cibi ricercatissimi sono patrimonio di pochi, e via andare. La prima domanda che sorge spontanea è : cosa c’entra non cuocere bene la sfoglia con tutto questo? Può essere industriale o fatta con fior di farina e il miglior burro del mondo, ma se non è cotta bene è sbagliata comunque, non è bene proporla a tavola, ne’ mangiarla.
Arrivare a fine mese può essere un ‘impresa ed è un aspetto sacrosanto da rispettare: questo non vuol dire che non si debba educare a mangiare bene chi non si può permettere cibi costosi: sbagliare una cottura dei fagioli, per fare un esempio, vale per tutte le varietà. Perché non cercare di promuovere per tutti il diritto al piacere del gusto? Nutrirsi lo si può fare in tanti modi, ma lo spendere poco non vuol dire farlo male. Sembra quasi che si voglia rinchiudere in una casta gli snob desiderosi solo di spendere in maniera pimpante soldi per cibi e vini e relegare a mangiare “male” ovvero “Poco sano” chi non si può permettere il resto. Questa la trovo la vera forma di ghettizzazione, e non c’entrano le classi sociali, c’entra il non voler educare.
Però riuscire a far parlare di se per un mese è un obiettivo raggiunto per chi vuole una grande esposizione mediatica: fare di necessità virtù è sempre uan regola valida.