Viaggiare è utile per conoscere e capire come cambiano le abitudini, a seconda delle latitudini. Quello che nel proprio paese è considerato normale può essere un’eccezione da altre parti e viceversa: l’importante è saperlo per non incorrere in gaffes colossali.
Chiunque sia stato a mangiare in un ristorante di un paese anglosassone, sa benissimo che la mancia (tip) non è da considerare una regalia o concessione, ma quasi una tassa obbligata, da calcolare in una percentuale tra il 15% e 25% a meno che il cameriere non sia preso da attacchi improvvisi di follia, trattando malissimo il cliente e quindi rinunciando al compenso: in Italia il cliente americano viene amato proprio perché mantiene l’abitudine, cosa che non fa certo parte della cultura del consumatore italiano! Altra cosa alla quale il cliente degli USA non oppone reclamo è il pagamento di una quota fissa, nel caso di una prenotazione di un tavolo al ristorante non andata a buon fine, ovvero se non si presenta al tavolo, il cosiddetto “No show”.
E qui si entra nell’argomento del pagamento telematico, che si sta sempre di più affermando in Italia, complice il COVID, ma che ha generato discussioni incredibili, opponendo i consumatori agli esercenti, con in mezzo le banche ritenute le vere colpevoli di un sistema che frena lo sviluppo del pagamento senza contanti. Il commerciante si chiede perché deve pagare delle commissioni che limitano il suo guadagno: dall’altra parte, si ritiene che è un costo sopportabile, per ridurre i rischi della gestione del contante.
Al ritorno del suo tour in Australia, Alessandro Frassica aka ‘INO panino, mi racconta di come a Sydney il problema della carte di credito non si pone proprio, poiché il consumatore è abituato a pagare lui stesso la commissione. Anzi, addirittura accetta il fatto che il fine settimana i prezzi aumentino perché aumenta il costo del personale.
In Italia potrebbe funzionare un sistema come questo? Francamente difficile pensarlo a breve, anche perché la discussione entrerebbe nel merito di una questione spinosa: l’onere spetta a chi consuma o a chi produce?